Retail, oltre l’omnicanalità

Oltre il phygital, l’esperienza retail a cavallo tra il fisico e il digitale. Oggi il consumatore si muove in maniera sempre più fluida fra i vari canali d’acquisto (più del 70% degli italiani compra regolarmente sia online sia in negozio prodotti come libri, abbigliamento e accessori), tranne che per la spesa alimentare, che preferisce effettuare nei punti vendita tradizionali. E non solo gli capita sempre più spesso di acquistare un prodotto in negozio chiedendone la consegna a casa (negli ultimi 12 mesi lo ha fatto il 32% dei consumatori), ma vuole essere servito nel modo che desidera in quel determinato momento, cercando nell’acquisto un’esperienza immediatamente gratificante e personalizzata.

Un consumatore più attento ma anche più impaziente
È il ritratto di un consumatore più consapevole, esperto e attento nel proprio percorso di acquisto, in una parola, più esigente (68%) rispetto a cinque anni fa, quello tracciato da Retail Evolution, l’osservatorio di Bva Doxa e Salesforce sulle tendenze del retail in Italia, basato su un’indagine condotta ad aprile su un campione di oltre 1.000 consumatori tra i 18 e i 64 anni.

Secondo la ricerca, il consumatore prima di effettuare un acquisto si informa sempre di più, anche attraverso recensioni e immagini del prodotto, compara prezzi e fa «showrooming», visita cioè uno o più negozi. È attento al rapporto qualità/prezzo (67%) e alla presenza di promozioni e offerte (66%). Ma è anche sempre più impaziente: non tollera perdite di tempo, non sopporta gli inciampi, vuole la disponibilità immediata dei prodotti e soprattutto è alla ricerca di una gratificazione immediata nell’esperienza di acquisto. E in negozio vuole vivere un’esperienza di qualità: è più attento, per esempio, ai servizi digitali o innovativi offerti nel punto vendita (49%), alla personalizzazione del servizio (47%) e alla professionalità ed empatia degli addetti alle vendite (46%).

Piacciono i totem interattivi e la realtà virtuale e aumentata
Abbattuta dunque la barriera dell’omnicanalità, si stanno sempre più affermando quelli che gli autori dell’osservatorio hanno definito benchmark esperienziali: i consumatori apprezzano in particolare quando il brand genera un «effetto wow» sull’esperienza d’acquisto in store. Per esempio, piacciono (45%) i punti vendita cashierless, cioè senza presenza di casse, i totem interattivi (43%) e la realtà aumentata e virtuale try on (34%), cioè configuratori per indossare virtualmente capi di abbigliamento o per progettare spazi.

In cambio di personalizzazione, consumatori disposti a cedere i propri dati
Nove italiani su dieci considerano importante che un brand offra esperienze di acquisto fluide tra online e offline. Tuttavia, per sette consumatori su dieci la maggior parte dei brand è ancora lontana dall’offrire un buon livello di soluzioni integrate fra canali digitali e negozi fisici.

«In questi ultimi due o tre anni il consumatore è andato molto più avanti rispetto alle aziende», ha sottolineato Andrea Tozzi, senior market research manager di Bva Doxa, e oggi ha le idee chiare su come la personalizzazione possa essere declinata nelle diverse fasi del percorso di acquisto e soprattutto su quello che non devono fare i brand. Ovvero «svalorizzare» il suo tempo (per esempio, dopo aver dedicato tempo a scegliere e trovare il prodotto, scoprire che non è disponibile); avere canali e touchpoint disallineati, cioè senza un coordinamento effettivo; ricevere comunicazioni generaliste e poco mirate: se sono appena stato in vacanza in Grecia è inutile ricevere proposte e offerte su quella destinazione. E se l’82% dei consumatori è convinto che l’intelligenza artificiale possa aiutare a migliorare l’esperienza di acquisto, sono tre i bisogni fondamentali a cui i brand devono rispondere per guadagnare la fiducia e la fedeltà dei consumatori: l’efficienza, ovvero semplicità e risparmio di tempo, gratificazione immediata dei bisogni del consumatore; la personalizzazione, cioè il saper valorizzare il consumatore nella sua unicità, con servizi su misura; e la vicinanza: i consumatori premiano i brand che mostrano vicinanza e con cui possano creare una connessione basata su valori condivisi. In cambio di personalizzazione, il consumatore è disposto a cedere i propri dati, ma solo ai brand in cui ha fiducia (45%).

I dati a disposizione delle aziende sono «sterminati»
«Nel retail, i volumi e le necessità del consumatore sono driver fortissimi. Ma serve un buon abilitatore tecnologico», ha commentato Alessandro Catalano, area vice president di Salesforce Italia. «I dati a disposizione delle aziende sono sterminati e la maggior parte delle aziende li tiene in silos separati», ma «grazie al digitale oggi i brand hanno la possibilità di dare risposte concrete ai propri consumatori attraverso una puntuale raccolta e analisi dei dati che alimenta processi efficienti e guidati dall’intelligenza artificiale e applicazioni in grado di creare un rapporto personalizzato, a prescindere dal canale di contatto».

Fonte: italiaoggi.it

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