L’Oréal accelera sull’innovazione: dalla pelle stampata in 3D al packaging sostenibile

Creatività, tecnologia, personalizzazione dei prodotti e delle esperienze: è questo il futuro del beauty tech. «Viviamo in un mondo in cui individualità e creatività vanno di pari passo. Ogni persona desidera sapere qual è il prodotto giusto per lei e vuole sperimentare la bellezza a modo suo. Penso che nei prossimi cinque o dieci anni saremo in grado di aiutare ogni essere umano a capire qual è il miglior prodotto per lui, prevedere il suo personale percorso di bellezza e aiutarlo a costruirlo», racconta al Corriere della Sera Guive Balooch, global managing director augmented beauty & open innovation di L’Oréal al VivaTech di Parigi, la più grande fiera europea dedicata a tecnologia e innovazione, dove il gruppo ha presentato Skin Technology , una stampante in 3D in grado di replicare diversi modelli di pelle umana per testare cosmetici e prodotti dermatologici, riproducendo diverse condizioni, come l’eczema o l’acne, la capacità di abbronzarsi e guarire dalle ferite.

Il futuro della bellezza
Ma non è finita qui. L’azienda, infatti, sta collaborando con startup e istituti di ricerca per sviluppare ulteriormente la sua tecnologia di bioprinting per ottenere una pelle che sia in grado di «sentire». L’obiettivo nel lungo periodo è non solo riuscire a testare l’efficacia dei prodotti ma anche simulare le sensazioni tattili. «Le nuove tecnologie ci permetteranno di fare cose che non avremmo mai immaginato, raggiungendo risultati che altrimenti sarebbero impossibili», sottolinea Balooch. Tutto questo grazie ai dati: L’Oréal ha a disposizione un dataset di 11 mila terabyte su qualsiasi tipo di pelle. La sfida è fare in modo che questa banca dati sia abbastanza vasta da permettere di sviluppare soluzioni che possano rendere la bellezza «sempre più accessibile e inclusiva».

Non solo Gen AI
La Gen AI consentirà di moltiplicare queste soluzioni, intuire le intenzioni dei consumatori e innovare più rapidamente i prodotti. Ma il percorso è ancora lungo e non privo di incertezze. «In questo momento siamo in una fase di test e apprendimento — spiega il responsabile mondiale dell’open innovation di L’Oréal —. Guardiamo con interesse al potenziale che l’intelligenza artificiale generativa ha in settori come la biologia, al contributo che potrà dare allo sviluppo delle molecole del futuro o nell’aiutarci a essere più vicini al consumatore, ma stiamo ancora cercando di capire che valore potrà avere per l’azienda e per le persone. Adottiamo un approccio curioso ma molto cauto. Il primo servizio, basato sulla Gen AI, che abbiamo creato è il consulente di bellezza virtuale Beauty Genius».
Questo assistente virtuale è in grado di rispondere 24 su 24 alle domande dei clienti, dando consigli e suggerendo routine e prodotti di bellezza personalizzati a seconda delle loro caratteristiche e preferenze.

Le tecnologie presentate a Parigi
Tra le novità presentate a Parigi, anche AirLight Pro, un asciugacapelli che combina la tecnologia a luce infrarossa e il getto d’aria permettendo un’asciugatura più rapida, consumando fino al 31% in meno di energia. Mentre il Derma Reader di Kiehl’s, a partire da una scansione del viso, è in grado di generare un’analisi personalizzata della pelle, dalla texture all’eventuale presenza di macchie, rughe o danni causati dai raggi UV.
Per un gruppo che ha nel portafoglio 37 brand, che vanno da Garnier a Lancôme, la sfida è garantire un’innovazione accessibile a un’ampia platea di consumatori e allo stesso tempo puntare su prodotti che trasmettano quel senso di esclusività del lusso. «Alcuni mercati, come quello degli asciugacapelli, stanno diventando sempre più premium e noi vogliamo portare il meglio — afferma Balooch — Ma allo stesso tempo abbiamo dei servizi, che sono gratuiti come i tool per fare la prova trucco virtuale e sono rivolti a quei marchi che garantiscono la massima accessibilità in termini di prezzo, come Maybelline o L’Oréal Paris».

La collaborazione con startup e centri di ricerca
Nel beauty tech L’Oréal vuole diventare la numero uno, esplorando nuove frontiere anche grazie alla collaborazione con centri di ricerca e startup. «Siamo sempre alla ricerca di partnership con aziende innovative e di nuove tecnologie che possano contribuire a disegnare la bellezza del futuro. Abbiamo una squadra di esperti che fa scouting in tutto il mondo. Ci concentriamo soprattutto su alcuni settori che riteniamo strategici, come le green sciences, la tecnologia e l’intelligenza artificiale. Guardiamo con interesse a quello che stanno facendo diverse startup californiane in materia di biotech. Di recente abbiamo avviato una partnership con un’azienda in Corea e abbiamo un’importante collaborazione con la startup cinese Zuvi, che ci ha aiutato a creare Airlight Pro. In Italia stiamo parlando con ExoLab e altre startup che ci permettono di esplorare il potenziale della biotecnologia nel settore manifatturiero», dice Balooch. Che poi aggiunge: «Di recente ho incontrato un professore di un’università milanese che sta lavorando su nuovi algoritmi per le fragranze di profumi e stiamo pensando a come collaborare. Sicuramente l’ecosistema italiano è molto interessante».

Le acquisizioni di Lactobio e Gjosa
Il colosso francese lo scorso anno ha finalizzato l’acquisizione della danese Lactobio per accelerare la ricerca sul microbioma, necessaria per sviluppare soluzioni cosmetiche basate su batteri viventi. E a gennaio ha siglato un accordo per acquisire la startup svizzera Gjosa, pioniera nella tecnologia di frammentazione dell’acqua. «Sappiamo che il futuro della bellezza non sarà influenzato solo dalla chimica ma da tanti altri campi, a partire dalle green sciences, e credo che nei prossimi anni ne vedremo sempre più il potenziale», sottolinea il capo dell’open innovation di L’Oréal.

La sfida della sostenibilità
Per l’azienda l’innovazione deve andare di pari passo con la sostenibilità. «All’interno del mio team c’è un gruppo di persone che studia come fare in modo che la tecnologia possa avere un impatto diretto sulla sostenibilità. Così sono nati progetti come il Water Saver sviluppato con Gjosa (il primo doccino che sfrutta la tecnologia brevettata di frammentazione dell’acqua per risparmiare fino al 69% di acqua, ndr)», spiega Balooch.

Il Packaging Lab
La ricerca di materiali nuovi e più sostenibili è una delle missioni del Packaging Lab di Clichy, vicino a Parigi, dove ingegneri, scienziati dei materiali e designer collaborano per dare una nuova veste ai prodotti dei brand controllati da L’Oréal. Tra gli obiettivi c’è quello di creare una bottiglia in cellulosa con effetto barriera, completamente riciclabile e allo stesso tempo resistente, in modo che possa diventare un’alternativa valida alle confezioni di shampoo in plastica. Per quel che riguarda il vetro, l’attenzione si concentra sulla riduzione del peso senza che questo intacchi la possibilità di sperimentare forme complesse e ricercate, come nel caso delle confezioni di profumi. Per ridurre il numero di contenitori monouso in circolazione, nel laboratorio si progettano confezioni ricaricabili sia di profumi che di rossetti, molte delle quali sono già disponibili nei negozi. Entro il 2025, il 100% delle confezioni in plastica sarà ricaricabile, riutilizzabile, riciclabile o compostabile. Ed entro il 2030, tutta la plastica usata nel packaging sarà ottenuta da fonti riciclate o bio-based. Anche in questo caso la tecnologia è essenziale: nuovi materiali, stampanti in 3D per creare i prototipi, software di AI applicati alla progettazione visiva per immaginare nuovi modelli di design o per testare la qualità delle confezioni.

Fonte: corriere.it

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